Esito di tanti anni di lavoro e di innumerevoli viaggi attraverso Friuli Venezia Giulia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Campania, affrontati da Anna Maria Santoro tra il 2012 e il 2019 per incontrare gli artisti nei loro studi, il volume riporta i dodici racconti di vita all’interno delle complesse dinamiche sociali, antropologiche e storiche che hanno caratterizzato il panorama culturale italiano del XX secolo: la guerra, la diatriba su astratto e figurativo, le scoperte di fisica quantistica, il Sessantotto, l’intervento degli Stati Uniti nel mercato dell’arte, la chiusura dei manicomi. Nel testo-intervista non vengono riportate le domande: la narrazione si sviluppa in un continuum, che comprende anche la descrizione degli atelier e dei luoghi in cui gli artisti hanno lavorato e vissuto, in una sintesi di immagini paesaggistiche, o di cronaca, che evocano le atmosfere e gli stilemi delle loro opere. L’ultima biografia, dedicata ad Omar Galliani, è stata invece tratteggiata a partire da uno scambio epistolare.
«Una delle cose più utili che un critico possa fare – scrive Elena Pontiggia – è ascoltare gli artisti e riportare le loro parole. […] L’opera d’arte, ha dimostrato Gadamer, ha infiniti significati e il suo significato ultimo è la somma di tutte le analisi possibili. Tuttavia una cosa è imporre una lettura a senso unico, una sorta di pensiero unico dell’interpretazione; un’altra (ben altra) è sentire un artista che ci rivela qualcosa di sé. E non si ringrazierà mai abbastanza chi lo sollecita a farlo. Così quando Anna Maria Santoro mi ha inviato il suo manoscritto, consigliata da Alfredo Paglione (che capisce di pittura come pochi e conosce il mondo dell’arte come nessuno), mi sono precipitata a leggerlo, trovando tante cose interessanti da imparare, da sottolineare, da tenere a mente. […] Ne riporto solo tre esempi. Romano Notari, il grande mistico della pittura contemporanea, ci dice: “Chi guarda le mie opere deve capire e sentire che dentro c’è vita e che c’è amore… Perfino questo colore soave mio nasce dall’anima, da una tecnica non vaga ma precisa e la forza di dipingere la luce mi è aumentata. Come? Annullando l’ombra”. Tutta da leggere è poi l’intervista a Ruggero Savinio, che racconta dello zio Giorgio de Chirico, del padre Alberto Savinio e di sé, in pagine da vero narratore. Anche se non bisogna dimenticare la sua precisazione: “Mi sento più pittore che scrittore: la pittura è stata la prima cosa alla quale mi sono dedicato, e la scrittura, comunque, gira sempre intorno alla mia pittura”. Commuove infine la testimonianza di Omar Galliani quando parla del figlio Massimiliano, pittore di raro talento che ci ha lasciati troppo presto. Né Anna Maria, quando poneva le domande, né Omar, quando le rispondeva, sapevano che il destino del giovane artista stava per compiersi. Ma la scrittura serve anche a questo: a conservare».
«Non sono semplicemente dodici interviste ad altrettanti artisti – aggiunge Gabriele Simongini – quelle raccolte in questo godibile libro di Anna Maria Santoro. Tutte, tranne una, sono nate dall’incontro dell’artista nel suo studio e diventano quasi un racconto in cui domina la narrazione del protagonista senza che ci sia un’intrusione evidente dell’intervistatrice che però è lì, riservata ma ben attenta e sensibile, presente nell’introdurre e contestualizzare l’intervista, nell’inserire osservazioni e descrizioni sempre puntuali e nell’innescare le risposte senza mettere le domande nel testo. Ne viene fuori, per ciascun artista, un insieme fluido di ricordi, riflessioni, intenzioni, pieno di umanità ma anche di tante testimonianze sull’arte italiana dal secondo dopoguerra ad oggi. E poi non va sottovalutata la vena… sempre misurata e mai fuori dalle righe negli incipit sintetici e poetici dedicati al viaggio per arrivare allo studio dell’artista creando un emozionante senso d’attesa per l’incontro imminente. […] E… entra in gioco l’omaggio ad una figura unica del panorama collezionistico e mecenatistico italiano, quell’Alfredo Paglione che con le sue donazioni ha gettato infiniti semi di bellezza … Così gli artisti protagonisti del libro sono stati tutti legati a Paglione e molti di loro hanno esposto nella mitica Galleria 32 di Milano. Sono accomunati, pur nelle differenze che separano le personalità forti, da quella definizione di “Arte per Immagini” coniata con lungimiranza, nel 2004, dallo stesso Paglione… […] Anna Maria Santoro traccia dei veri e propri ritratti che vanno in profondità, senza alcuna retorica, tirando in ballo non solo l’artista colto nella decisiva… realtà in divenire del suo studio ma anche l’uomo, in un tutt’uno inscindibile».
«Quattro degli artisti intervistati – dichiara Anna Maria Santoro – sono purtroppo scomparsi (Giuseppe Zigaina, Claudio Bonichi, Bruno Caruso e, recentemente, Armando De Stefano), lasciando un vuoto ma, contemporaneamente, una ricchezza che, attraverso le loro opere, trova opportunità di conoscenza in quella Verità che, per Lacan, rivela la struttura dell’inconscio».
Anna Maria Santoro, laureata in Filosofia con una tesi di ricerca in Storia dell’arte medievale, ha insegnato Filosofia e Scienze umane nei licei. È giornalista pubblicista.
Il libro “Arte per immagini. Interviste a dodici grandi artisti del nostro tempo”, parte della collana “Universale Carabba. Uomo e cultura”, è disponibile in libreria (ISBN: 978-88-6344-610-4), su tutte le piattaforme online e sul sito web dell’editore:
https://editricecarabba.it/.
Brani selezionati:
Claudio Bonichi: Tormentato per tutta l’adolescenza dalla domanda ricorrente all’ora di religione
Qual è il senso della vita? Un giorno trova la risposta in Luci della ribalta, in cui Chaplin dice
La vita non ha un senso. La vita è desiderio. Ennio Calabria: «Ci incontravamo alla Galleria Fante di Spade qui a Roma, Mario Roncaglia era diventato il nostro mercante».
Bruno Caruso: Il suo primo studio è a Roma, al terzo piano in Via Mario de’ Fiori 116 all’angolo con Via Frattina: «Gli scrittori e i poeti abitavano tutti da quelle parti e salivano su da me. Io avevo una donna di servizio che sapeva cucinare benissimo e tutti quanti i miei amici:
Ah signora Teresa, oggi facci i rigatoni». Guttuso, Sciascia, Ungaretti, Sinisgalli, De Libero li incontra. Li frequenta.
Armando De Stefano: «Ho avuto la fortuna di conoscere Bacon a Venezia mentre esponevo a una Biennale:
Voi italiani – mi disse – avete male inteso il Realismo, perché credete che l’uomo abbia una sola dimensione».
Omar Galliani: «Sul finire degli anni Settanta il mio incontro con Flavio Caroli fu determinante per trovare, nelle parole dello storico dell’Arte e negli artisti che in quel periodo Flavio stava riunendo attorno alla definizione di
Magico Primario, una risposta alla ormai statica e implosiva poetica concettuale».
Carlo Guarienti: «In una delle cause contro Schifano andai con Guttuso in tribunale. Il giudice gli chiese:
Lei è drogato? E lui:
Non lo so, ma posso fare una domanda, io, a lei? E il giudice:
Sì».
Franco Mulas: 1968: «Piazza Cavour era piena di ragazzi. Uno gridò
Ci stanno circondando. La polizia li prese li chiuse nelle camionette, fu un massaro».
Romano Notari: «Entrai nella galleria [a Milano] e vidi tutti i miei quadri. Un uomo:
Chi è lei? – Sono Notari. – Mi abbracciò:
Lo sai? Queste tue opere le ho già vendute tutte. Cardazzo non l’avevo mai incontrato».
Ruggero Savinio: «Nello studio di mio zio de Chirico facevo copie di opere di pittori antichi; mi correggeva un po’; mi consigliava. Una cosa che ho raccontato… è una frase che mi disse un giorno:
Scurisci scurisci, c’è sempre tempo a schiarire».
Piero Vignozzi: «Nel 1958 andammo a Roma. Un quadro di Bacon mi piaceva molto, costava novecentomila lire, oggi varrà quaranta milioni di euro. Gli amici:
La pittura figurativa è finita! Non lo comprai!».
Giuliano Vangi: «Ragghianti alzò lo sguardo:
Ma lei che cosa vuole? – Sono uno scultore… – Vada via! Mi alzai. Beh venga, ormai c'è! … Che ne direbbe di una mostra a Palazzo Strozzi?»
Giuseppe Zigaina: «Nel 1946 Pasolini partecipò a una mostra di artisti veneziani e friulani. C’erano Emilio Vedova, Armando Pizzinato e anche Afro con i fratelli Mirko e Dino».