Negli spazi di Atipografia ad Arzignano (VI), dal 16 marzo al 25 aprile 2017, le opere di Marta Allegri, Giorgia Fincato e Stefano Mario Zatti offriranno un’ampia ricognizione sul territorio, inteso come spazio fortemente connotato dal punto di vista culturale.
Accompagnata da un giornale con testi di Marco Mioli (critico d’arte), Sabina Jallow (architetto del paesaggio) ed Elena Dal Molin (direttore artistico Atipografia), l’esposizione sarà inaugurata giovedì 16 marzo alle ore 19.00.
L’insistenza è la carica espressiva dei tre artisti. Una dolce insistenza. Insistere etimologicamente significa “stare fermi”, sino al conseguimento dell’intento. “Tre anni sulla pietra” indica proprio questo stare. È un titolo figurativo, in contrasto con l’astrazione del lavoro dei tre autori, che si rifà ad un’antica storia orientale secondo cui, restando pazientemente seduti per tre anni su una pietra fredda, alla fine la si riscalderà. Senza pazienza, non è possibile crescere e diventare persone autentiche.
La mostra costituisce, dopo “The Perfect Tannery” (indagine fotografica condotta da Mark Power e Stuart Franklin, membri di Magnum Photo, all’interno del distretto industriale di Arzignano), il secondo appuntamento della stagione 2016-2017 di Atipografia, dedicata al territorio, tra spazio ed identità.
“Tre anni sulla pietra” affronta questo tema da tre punti di vista molto differenti, quasi tre dimensioni di territorio. Marta Allegri trasforma oggetti di recupero, quasi sempre legati a materiali costruttivi, in qualcosa di nuovamente vitale. I disegni di Giorgia Fincato possono apparire come mappe di una geografia interiore. Stefano Mario Zatti presenta, infine, lavori di incisione che richiamano la storia contemporanea.
«Cifra comune – spiega Elena Dal Molin – è una dolce insistenza che si fa bellezza. Marta insiste nel recuperare pezzi di costruzioni abbandonate, addirittura sommersi dalla terra e dalle macerie, e con essi crea trame preziose. Giorgia è dal 2007 che mi affascina con la sua linea e, in questi dieci anni, il lavoro è completamente cambiato, tanto che non riesco ancora a trovarne inizio e fine. Stefano, invece, pone interrogativi sulla vita e sul sogno, citando nelle sue incisioni anche Fibonacci e ripetendo il gesto centinaia di migliaia di volte».
Per Atipografia, Marta Allegri, ha realizzato un’installazione site-specific – “sottoterra” – che comprende oltre cento pezzi, ispirata ad una portafinestra semidistrutta di un’officina abbandonata. Le reti a maglia esagonali, provenienti dalla discarica dell’ex colonia di Borca di Cadore, intrappolano frammenti di vetro raccolti durante i lavori di “cura” della terra intorno alla sua abitazione, che brillano grazie alla luce che filtra dalla finestra. «Mi piace trovare punti in comune nel lavoro maschile e femminile – spiega l’artista – tra la costruzione di un muro di mattoni e la tessitura di una coperta. Stessa lentezza nell’esecuzione, stessa fatica, stessa pazienza. Qualcosa a cui non ci si può sottrarre». È nato così un archivio fotografico, costituito soprattutto da finestre di fienili e case rurali intorno a Cavarzere (VE). Da questo materiale ha preso forma un’ulteriore installazione dedicata ai luoghi abbandonati, oggetto di libretti fotografici a tiratura limitata.
Giorgia Fincato espone una selezione di opere a china su carta. Scritture emotive, mappe della memoria rappresentate da una linea continua che si sviluppa su più piani prospettici. L’artista partecipa al progetto anche con l’installazione “Continua a cercarmi che arrossisco”, collezione di pezzi di ruggine trovati dal 2015 nel corso di lunghe passeggiate.
Stefano Mario Zatti mappa i luoghi che attraversa, siano essi ambientali, interiori, familiari, nascosti o ideali, tentando di restituire un senso alla nostra esistenza. Un linguaggio cuneiforme che, attraverso la reiterazione del gesto, diventa pratica per comprendere meglio il mondo. “Esodo celeste” è un’opera che si ispira ad una fiaba siriana secondo cui i morti diventano stelle. Zatti sta eseguendo, quindi, con una lama sottile, oltre 400 mila fori su un cartoncino nero retroilluminato contando sulle dita le vittime della guerra siriana. Il dittico “Sindone”, parte di un ciclo di più lavori, coniuga esperienza, fotografia e memoria. Esplorando luoghi appartati della montagna veneta, l’artista lascia un lenzuolo avvolto ad un sasso per mesi o anni, poi lo recupera. Il tessuto si impregna degli umori dell’acqua, della terra e della pietra, risvegliando l’olfatto e trattenendo traccia di ciò che ha coperto.
Tutti gli artisti hanno, inoltre, progettato un intervento site-specific per gli antichi cassetti della tipografia, invitando il visitatore a toccare con mano la loro ricerca, facendo scorrere i cassetti e scoperchiando vani inesplorati della memoria.
La mostra sarà visitabile di sabato e domenica con orario 10.00-12.30 e 16.00-19.00, gli altri giorni su appuntamento. Per informazioni: T. +39 0444 1240019, info@atipografia.it, www.atipografia.it.
Marta Allegri è nata a Bologna nel 1961, ha vissuto per molti anni a Lovere, sul Lago d’Iseo, ora risiede a Cavarzere (VE). È docente di Tecniche Plastiche Contemporanee all’Accademia di Belle Arti di Venezia. La sua ricerca artistica si concentra sui temi dell’architettura, della natura e del paesaggio. Le sue opere sono state esposte in diverse città italiane. Tra le mostre personali: “Marta Allegri” (Palazzetto Tito, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia, 2005, testo di Angela Vettese), “Marta Allegri” (Careof, Milano, 2006, a cura di Chiara Agnello), “Vajont 2015: il territorio, la storia, il valore dei progetti culturali” (Casso, Pordenone, 2015), “A- Fresco” (Chiesa di Sant’Antonino Abate, Cascia, Perugia, 2016, a cura di Luci Sorgenti).
Giorgia Fincato studia all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove si diploma nel 2007. Tra il 2007 e il 2009 vive a New York, dedicandosi al disegno. Nel 2009 si trasferisce a Roma, inaugurando la sua attività espositiva. Dal 2013 è tornata a vivere a Bassano del Grappa (VI), sua città di origine. Tra le recenti mostre: Claudio Adami / Giorgia Fincato, “Soliloqui. Unconventional twins#2” (Studio d’arte Pino Casagrande, Roma, 2012, testo critico di Elio Grazioli), “Tutto tu doni al pian e nulla ricevi” (Nuove / Residency, Nove, Vicenza, 2015), “Drawing Now” (Galleria Marie-Laure Fleisch, Parigi, 2016), “Time and details. Artists | Artisans | Carlo Scarpa” (Zanon’s Matel Workshop, Capovilla’s Carpentry, Mario Baratto Hall, Venezia, 2016, a cura di Chiara Bertola e Geraldine Blais).
Stefano Mario Zatti nasce a Padova nel 1983. Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, vive e lavora in provincia di Venezia. Con il progetto Riserva Artificiale, ha partecipato a diverse mostre, tra le quali “50. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia” (Venezia, 2003), “Emergenze” (Fondazione Pistoletto, Biella, Torino, 2004), “Empowerment. Cantiere Italia, radiografia dell’Italia che cambia attraverso 60 artisti” (Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova, 2004), “Petrologiche” (Galleria A+A, Venezia, 2004). Ha successivamente esposto, con il proprio nome, nell’ambito delle collettive “Achtung” (Accademia di Belle Arti, Vienna, 2006) e “Prove di Volo” (Galleria Contemporaneo, Mestre, 2009). Con i suoi interventi audiovisivi ha preso parte a diversi festival di musica sperimentale. |