William Santoleri CSArt
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Human Cube
Leo Strozzieri

Fecondo il dialogo dell'artista con il pensiero cristiano medioevale: un purismo penitenziale il suo affidato linguisticamente al nero, al buio inteso come metafora del cammino dell'umanità verso la perdizione. Human Cube: cubo umano, bunker sottoposto a restrizione di libertà. Retaggio del peccato. Quasi impossibile ripercorrere le tappe dell'evoluzione del pensiero spesso di controllo ecclesiastico romano, ma talora anche motivato dalle radici storiche che sempre ne sono un fondamento. Santoleri mutua la sua visione della storia da Sant'Agostino di Ippona che sappiamo essere il dottore della Chiesa teorico della Città di Dio contrapposta alla città terrena. Proprio a quest'ultima egli affida l'epifania del mistero della presenza del mare nel mondo. Un peso che il progresso scientifico ha indotto alla leggerezza e alla rarefazione di una visione illuministica accecante le menti e le coscienze dei singoli e dei popoli. In mostra qui a Sulmona Santoleri presenta una suite di opere su argomenti biblici diversi che si rafforzano e completano a vicenda, con evidentissima una sorta di centralismo sulla triade mitica, ovvero Adamo, Eva, Eden. Innanzitutto ADAM, parola formata dalla radice fenicio-ebraica composta dalle lettere Alef + Daled + Mem = uomo universale. Egli, senza vestimenta, nudo non tanto nel corpo ormai reso mortale secondo la minaccia di Eloim, ma viepiù nello spirito, non è di certo idealizzato, ma consapevole di sé. I semi plastici sparsi in abbondanza dall'artista sulle nude membra gagliarde diviene elemento costitutivo dell'ingresso nella vicenda umana dell'integralismo immanentista in aspra dialettica con l'apollinea trascendenza. Un perentorio carico di drammaticità appare esplicito anche dalle posture talora penitenziali della figura del nostro progenitore. Una valenza figurativa spettrale che in un'opera varcante la stretta soglia dei giorni fecondi della creazione (ci si riferisce a Caino e Abele), diventa dramma esclamato con quella scia di sangue al margine dell'opera, come se il peccato fosse diventato verme che uncina (sono parole tratte da I fiori del male di Baudelaire) inesorabilmente anche il fratello. In tutti i lavori di William Santoleri grande evidenza è data, nella trattazione della figura umana, alle mani. Ad esempio, nella già citata tavola che narra il primo fratricidio la mano minacciosa a cui fa da contrappunto quella snervata dalla rassegnazione e sottomissione alla prepotenza, urla con maggiore forza, se possibile, del celebre capolavoro di Munch. Un urlo scenografico, per nulla retorico o barocco, vista l'assenza di ogni parvenza di pietas. La mano dunque, nella quale anche in virtù dell'austera predilezione monocroma, è agevole riconoscere il richiamo  al futuro homo faber, alludendo così all'uomo non più costruttore della propria fortuna, ma della propria condanna. E poi la serie di opere dedicate ad Eva, la madre di tutti i viventi. Un dipinto la mostra con il volto nelle mani: innegabile, seppur fugace come un attimo, il ritorno nostalgico con il pensiero allo stato di purezza genesiaca ben perimetrata nella piacevolezza estetica del lavoro femminile, lacerto di armonia cosmica. Segno tangibile di questo retaggio paradisiaco, come se la dolcezza dei lineamenti le avesse teso una rete, è la luce che viene profusa ina abbondanza formando un formidabile ossimoro, o coniugio di sensualità e ascesi. Il rituale della prolissità dela luce che nell'opera presa in esame è veramente iperbolica, si ripete, benché in maniera moderata anche in altre tavole a lei dedicate, ivi compresa Hawwah, nella quale campeggia la scritta ebraica. È vero, la rinuncia al cromatismo che avrebbe fornito bellezza sensoriale ai personaggi, dà una connotazione sinistra alla luce, ponendo in tal modo le opere in sintonia con il perimetro penitenziale e quasi giansenistico dell'intera ricerca pittorica del pittore guardiese. Una luce fredda non adatta ad un'improbabile ricerca dei doni soprannaturali e preternaturali. Una luce quindi spettrale, posta in essere per approntare un ritualismo accusatorio da inquisizione. Infine, dopo essersi soffermato sui due progenitori, uno scatto reminiscenziale all'Eden facilmente decifrabile in una tematica, quella dell'albero, assai praticata da Santoleri. I suoi alberi e le sue snelle ed ascensionali foreste nella loro verticalità sono citazioni del dialogo terra-cielo prima esistente e che ora purtroppo è naufragato. C'è in queste composizioni minimalismo, purezza geometrica, cinetismo virtuale ed una buona dose di eleganza e raffinatezza strutturale. Questo l'human cube , come recita il titolo della mostra allestita nello splendido scenario di Palazzo dell'Annunziata a Sulmona, di William Santoleri, un giovane artista che ha realizzato opere sul destino dell'uomo in senso agostiniano.

Testo scritto in occasione della mostra Uman Cube, Palazzo dell'Annunziata, Sulmona, 2008.

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