Storyboard è un prototipo di mostra, un rapido colpo d’occhio sulla recente produzione artistica di Fosco Grisendi. All’interno del piccolo spazio dello stand sono raccolte una quindicina di opere tutte appartenenti agli ultimi cicli pittorici come “Cruel” e “Stand you ground”. A quest’ultimo appartengono il maggior numero di tele esposte, una ricerca che ha profondamente coinvolto l’artista nell’ultimo biennio e che, partendo da una considerazione di forma sulla pratica popolare del wrestling, lo ha condotto a riflettere sulla società contemporanea e sulla perversione che muove le sue logiche. Queste ricerca nasce da un fatto di cronaca recente avvenuto negli USA che ha particolarmente colpito la sensibilità di Grisendi, ovvero l’omicidio dell’adolescente Trayvon Martin ad opera di un vigilante, successivamente assolto in tribunale sulla base della Stand your ground law, che autorizza una persona a proteggere la propria vita e difendere l’incolumità fisica contro ogni tipo di minaccia, anche percepita, utilizzando qualsiasi livello di forza. Da qui l’interesse per il wrestling come metafora della nostra società, dove è sempre più confuso il limite tra realtà e finzione, dove l’uomo ha perso il suo ruolo primario. Il titolo del progetto è tratto da un termine che Walt Disney introdusse negli anni Venti e con il quale indicava la rappresentazione grafica delle inquadrature di un fumetto o di un’opera filmata (nel suo caso d’animazione); si tratta cioè di una prima ed approssimativa visualizzazione di tutte le scene che andranno a creare la composizione. Da questo punto di vista Grisendi si immedesima sia nella figura del disegnatore sia del regista: si cimenta di fatto nella realizzazione delle “tavole” così da approfondire i contenuti della storia, studia e sceglie le “inquadrature” migliori concentrando sempre l’attenzione sull’atto saliente. Nelle tele di Grisendi si riscontra il trionfo dell’à plat, sancito da un linearismo sinuoso, da un segno netto che definisce lo schema della composizione, dall’utilizzo di pochissimi colori che non distolgono l’attenzione dello spettatore da eventuali intenzioni ornamentali. Così anche il fondo nero, come una quinta teatrale, accoglie l’azione in superficie senza aggiungere complementi superflui, mentre l’assenza di chiaroscuro cancella ogni ambizione di leziosità.
Testo scritto in occasione di Set Up Art Fair 2016, Galleria Bonioni Arte, gennaio 2016.