Sulle ciglia |
Francesca Baboni |
A vederla Giovanna è così, esattamente come le sue piccole e fragili creature. O forse sono loro ad essere come lei. Sottili come giunghi che si piegano e mai si spezzano, acerbe post-adolescenti dallo sguardo limpido, senza alcuna malizia nè velato erotismo negli occhi, dai fiori nascosti tra i capelli e pettinature d'antan, sono fanciulle dalle proporzioni fragili e dalla bellezza diafana, damine contemporanee dalle gote rosse e labbra a cuore, eseguite con straordinaria levità di tocco, che non disturbano con l'eccesso ma silenziosamente e senza far rumore si insinuano intriganti e con una naturalezza sconcertante nella visuale percettiva trasportandoti, con forza quasi inconsapevole, nel loro mondo di luce e d'ombra.
Presenze vive e pulsanti, delicatamente languide e mai sfacciate, aliene dalla cultura massificata dell'immagine del nostro tempo, dai diktat dei mass-media e del post-femminismo, che traducono una femminilità smodata e provocante, le ragazzine di Giovanna non escono dai tabloid, non ammiccano dalle foto di moda come future ragazze-copertina, non hanno curve da pin-up, soltanto un puntino appena accennato al posto del seno, non si travestono da perverse lolite tentatrici ma recuperano la connotazione asessuata dell'infanzia, timide e pudiche paiono fluttuare aeree senza ambiguità di sorta, mettendo a nudo la loro anima, perse in un universo interiore personale e segreto al di là del tempo e dello spazio.
Giovanna sembra pescare le sue donnine dal repertorio dei primi anni del novecento, da quelle eroine del film muto scosse dallo struggimento e perennemente in preda alla lacrima, rivisitate però in chiave contemporanea e profondamente attualizzate, figure allungate rese primitive nel tratto, dei volti tondi simili a porcellana, dalle forme appena accennate e dai piedi enormi da fumetto, dagli occhi inquieti, vivacemente curiosi e lievemente asimmetrici, dal colore diverso l'uno dall'altro, come le difformi sfaccettature dell'animo di donna.
Simili a bamboline di pezza, in realtà vere donne con una loro tempra e vita interiore, emananti luce propria, sembrano scrutarti e mandare messaggi misteriosi non facilmente codificabili in prima lettura: come strappate alle pagine dei libri di favole per bambini prendono vita ed escono dai fondi scuri - dove si intravede una fonte luminosa accesa da colori caldi, da rossi, terre bruciate e squillanti arancioni che rimangono impressi nella memoria - a mostrare accenni di moti interiori e stati d'animo complessi. fermate in un'atmosfera da sogno che trova le proprie lontane radici nell'iconografia della fiaba russa e che ricorda il romanticismo venato di malinconia degli omini leggeri di Chagall, all'angolo della tela; la stessa dolcezza che si ritrova nelle pose delle simboliche alter-ego di Giovanna, ibridi dell'eterno femmineo, non più bambine ma neppure ancora donne, poetiche e impalpabili come un battito di ciglia.
Sagome femminili senza una linea di contorno dove il segno si fa colore e il colore svolge talora il ruolo del pennello, disegnate solo dall'olio tirato sulla tela fino all'estremo e sfumato al limite della percezione visiva al punto da dissolversi e confondersi in un tutt'uno con la tela, appoggiate ad uno spazio strutturale senza contesto, vestite di abiti soffici al tocco, della cui stoffa pare di poter percepire la consistenza e la morbidezza.
Il soggetto è sempre lo stesso là dove la reiterazione si fa ricerca e rappresentazione dello stato d'animo dell'Artista che vi si rispecchia e che ama in modo viscerale come fosse una parte di sè.
Apparentemente uguali nei tratti ma in realtà così diverse, le sue giovani donne sono portatrici, a guisa di ammalianti sirene, di sentimenti appena sussurrati e mai urlati, dai quali non traspare mai una drammaticità esasperata bensì un che di sottilmente struggente e di tenero, una lieve malinconia, un'inquietudine sottesa e appena accennata, nascosta dietro ad una serenità soltanto apparente del viso; ninfe moderne che come innocenti bambine, talvolte dormono paghe sonni sereni e tranquilli, altre volte si lasciano trasportare inquiete verso mondi sconosciuti o si soffermano a scrutare il mondo con occhi attenti e vigili.
Di fronte ad una realtà in cui non sempre ci si ritrova, qualche volta è meglio rifugiarsi nel sogno, sembra volerci dire Giovanna. Dove abitano loro. E dove vivono, palpitano, fremono, come tanti piccoli pezzi sparsi della sua anima, forse da ricucire, cristallizzate in un simbolico non-luogo senza tempo nè spazio, protette dal loro intenso calore interno; proprio là, dove rimangono immote, quasi sospese nell'attesa, ad aspettarla.
Testo scritto in occasione della personal e "Sulle ciglia", allestita dal 14 febbraio al 10 marzo 2004 presso la Galleria 8,75 Artecontemporanea di Reggio Emilia. |
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