Rêveries |
Beatrice Menozzi |
A noir E blanc I rouge U vert O bleu: voyelles, je dirai quelque jour vos naissances latentes: è l'incipit di una poesia di Arthur Rimbaud, poeta decadente francese e, per la sua esistenza travagliata, poète maudit, ma potrebbe sinteticamente rappresentare l'approccio di Lisa Beneventi alla pittura, in una costante sinestesia di parola e colore che è cifra saliente delle sue opere . Perché una matrice letteraria per una pittrice? Intanto, Lisa Beneventi nasce come appassionata nonché stimata studiosa di lingua e letteratura francese: si è laureata con una tesi su Guillaume Apollinaire e le Avanguardie del primo Novecento e dedicata per circa vent'anni alla stesura di corsi di lingua francese, pubblicati dalla casa editrice Zanichelli. Tale formazione rappresenta un passaggio ineludibile e per nulla incidentale del suo successivo approdo alla pittura. Poi, il testo letterario e, in particolare, quello poetico, fanno da costante contrappunto alle sue effusioni pittoriche, come uno spartito musicale rappresenta il supporto narrativo in base al quale il musicista modulerà la propria personalissima interpretazione. L'artista, nativa di Reggio Emilia, dopo aver sondato differenti possibilità espressive, è approdata ad un linguaggio di tipo astratto ed informale; eppure, la sottile trama della realtà è adombrata in ogni creazione e trova nel testo poetico che la accompagna una filigrana ideale in cui inserirsi. In controtendenza rispetto allo sbandierato ermetismo di certa arte contemporanea, che fa della oscurità (talvolta anche della mancanza) del senso il suo cavallo di battaglia, le opere di Beneventi, seppure non figurative, non hanno paura di trovare un rapporto di comunicazione col mondo: hanno un titolo e un testo che guida per mano lo spettatore a riconoscere sulla tela la loro metamorfosi in accesi cromatismi o in libere ibridazioni di materiali e supporti. Questi non sono dosati, come nell'action painting, in base a pura istintività ma richiamano, con uno studiato simbolismo, i quattro elementi archetipi della natura: acqua, aria, terra, fuoco. La pittura ha un potere alchemico e catartico: per questo a Lisa Beneventi piace mescolare ed associare resina, cellophane, sabbia, sale, legno, acrilico: non ha paura di sporcarsi le mani con la vita e le sue contraddizioni, con materiali di scarto, cari all'arte povera, che diventano nelle tele elementi posti al servizio delle emozioni. Sono impressioni, sentimenti urgenti i suoi, la cui traboccante pressione si avverte nell'uso di una tavolozza dalla gamma neoespressionista e dal tratto denso, grumoso. Con altri artisti Beneventi partecipa al movimento "Surrazionale" che ha nella filosofia di Gaston Bachelard, filosofo francese di fine ottocento, il referente teorico. Questi, nel suo tentativo di superamento di empirismo e razionalismo dice: La connaissance du réel est une lumière qui projette toujours quelque part des ombres (La conoscenza del reale è una luce che proietta sempre da qualche parte delle ombre): proprio tali ombre sfuggite a sguardi distratti, Lisa Beneventi intende catturare nella sua pittura, reimpastando materiali e addensandoli sulla tela in una tavolozza "contaminata" da costanti innesti materici che non perde, però, la sua sostanza spirituale, il suo rapporto con il sogno, con l'imponderabile, con la rêverie. Le ultime opere sono corredate, come le precedenti, da un titolo che richiama il corrispondente testo poetico: La forêt silencieuse di F.R. Chateaubriand, Abyme di P.J.Toulet, Entre ciel et mer di J.J. Fenestre, L'Aurore boréale di W. Chapman, Elévation di C. Baudelaire: in esse, campiture o spruzzi di colori puri, ad alto voltaggio, occupano lo spazio della tela creando vibranti assonanze o dissonanze, lasciando intravedere, con l'aiuto delle parole di cui le tinte e i materiali sono la traduzione visiva, l'ossatura della realtà, ma ancor più quella nuvola di emozioni che di ogni realtà rappresenta l'aura invisibile. Allo stesso modo, nella serie dedicata ai babelici grattacieli di New York, Lisa Beneventi, un po' come Monet nelle sue Ninfee, è pronta a registrare e condensare sulla superficie del quadro, che è il sismografo delle sue emozioni, ogni variazione atmosferica, ogni vibrazione del cuore.
Testo scritto in occasione della mostra: Rêveries, Galleria d'Arte Metamorfosi, Reggio Emilia, 2012. |
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