Cortocircuito in pittura |
Chiara Serri |
L'arte, quella profonda, affascinante, intrigante, quella che ti solleva, lieve, sulle ali della fantasia, catapultandoti in un mondo sospeso dove ogni espressione corrisponde ad un corto circuito, ad una sottile -ma tenace- congiunzione tra memoria e incanto, tra esperienze acquisite e sorprese del contemporaneo, affiora a poco a poco dalle paste e dai colori di Ludmila Kazinkina, Maria Grassi, Marina Manzini e Sonia Benevelli, quattro artiste -russa la prima, reggiane tutte le atre- diverse per esperienze e linguaggio, ma accomunate dalle frequenti incursioni nel campo della figura e del paesaggio. Protagoniste delle tele di Ludmila Kazinkina, di origini russe, ma che da anni vive e lavora a Parma, sono figure intrappolate in luoghi senza tempo, costrette, un po' come l'Alice di Lewis Carroll, in uno spazio troppo piccolo e troppo denso, mentre il corpo si espande a dismisura. Una pittura di emozioni rapprese e sentimenti trattenuti, satura dei colori nordici del passato, ma assolutamente legata al contemporaneo, che l'artista trasferisce nel quadro con roventi iniezioni di porpora. Dedicate allo studio di figura sono anche le ultime ricerche di Marina Manzini che, proiettata sullo sfondo la ritmata sintassi architettonica delle precedenti composizioni, sceglie, ora, di mettere in primo piano la figura. Certo non un'immagine iperrealista o drammatizzata, ma una silhouette, un profilo, un'icona pop che, ammiccando alle ricerche oggettuali degli anni Sessanta, disegna un corpo da fumetto, imponente e piatto, che sovrasta gli stucchi del fondo, da cui assorbe i colori e la possanza. Maria Grassi si dedica, invece, allo studio del paesaggio, che viene letto, prima, attraverso la macchina fotografica, poi, con il colore, in un procedimento foto-pittorico che, accarezzando i contorni dei fiori, dei rami e dei tronchi, li arricchisce con sottolineature scintillanti, intinte nel rosso e nell'oro. Da una prima ricerca concettuale sull'immagine, infatti, l'artista interviene con una garza porosa, intrisa di storia e memoria, quasi un velo che, sovrapponendosi al reale, lascia ampio spazio al ricordo. Sonia Benevelli, per finire, ci riporta all'immaginario dell'infanzia, addentrandosi nei territori del fantastico, dove il paesaggio non può che essere onirico, perlescente e vellutato. Ovali tutti da toccare, dove la stratificazione materica è un invito e la luce un sussulto dorato. Il sogno, però, non supera il limite dell'orizzonte: il cielo rimane cielo e la terra rimane terra, trattenendo la fiaba a portata di sguardo. |
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