Specchiarsi nel mondo |
Chiara Serri |
Prima c'è il grigio. Un grigio indistinto, talmente denso da soffocare lo spettatore. Più che un colore un odore, acre come la nebbia padana, greve come l'aria di Mosca in un tramonto primaverile, quando sembrano esaurite perfino le forze per respirare ed il Diavolo fa improvvisamente capolino all'ombra dei tigli. Poi la donna, diafana ed elegante, che si solleva gradualmente dal fondo, insieme ad alcuni animali ed oggetti quotidiani, che stanno lì immobili, ad indicare una possibile via d'uscita. Certo proiezioni dell'inconscio, ma anche potteriane passaporte che, un volta pronunciato l'incantesimo giusto, possono trasportare lontano chiunque le tocchi. Lontano da quelle quattro pareti sconnesse che imprigionano la figura, lontano da quella stessa figura che ci inquieta proprio perché rivela qualcosa di noi e della nostra società. Sfiorando problematiche importanti, legate alla femminilità, all'ostentazione del corpo e ai disturbi alimentari, l'interesse dell'artista si rivolge però ad un altro tipo di analisi, che lascia da parte ogni volontà di denuncia per raccontare semplicemente il nostro tempo. Con gli arti svuotati ed il capo leggermente dilatato, le figure di Ludmila Kazinkina non ritraggono una persona in particolare, ma più in generale l'uomo contemporaneo, sottoposto ad un continuo flusso di informazioni e di immagini. Il corpo femminile, scelto per il suo innato carattere di eleganza, diventa dunque specchio, attraverso il quale ognuno può guardarsi riflesso, rilevando quelle piccole anomalie ed incongruenze che danno forma più autentica ai contenuti angosciosi della coscienza. Dalla tela alla carta, s'intuisce la continuità di una ricerca portata avanti negli anni, ma anche il desiderio di semplificare gradualmente la composizione e dilavare i colori, per comunicare con maggiore immediatezza. Una nuova maturità che si riconosce soprattutto nella predilezione per una pittura sussurrata e non gridata, che mantiene tuttavia intatta la propria forza e la propria urgenza.
Chiara Serri: Le tue opere si caratterizzano per la presenza di una figura femminile che associa i caratteri fisionomici di diversi individui, così come alcuni elementi ascrivibili alla sfera dell'autoritratto. Quale significato attribuisci a questo soggetto? Ludmila Kazinkina: Dipingo da sempre le donne perché il corpo femminile presenta forme fluide ed un innato carattere di eleganza, anche se con queste figure vorrei parlare più in generale dell'uomo - un bambino, una signora anziana o un vecchio barbuto - con le sue forze e le sue fragilità. Mi piace raccontare il mondo d'oggi, i nostri pensieri e la vita che ci circonda.
La figura umana convive spesso con un animale o un piccolo oggetto che appartiene alla quotidianità. Che tipo di legame instaurano con la donna? Gli animali e gli oggetti, per me, hanno la stessa importanza della figura, in quanto si danno forza a vicenda per emergere da un fondo grigio indistinto. Gli oggetti sono proiezioni dell'inconscio e successivamente si caricano di un valore simbolico. Il gomitolo, ad esempio, è metafora del tempo. Lo stesso discorso vale per gli animali, che evocano inoltre il legame ancestrale dell'uomo con la natura.
Nell'opera esposta alla Biennale di Venezia - Padiglione Emilia Romagna, ad esempio, vediamo un gufo... Il gufo è un animale saggio ed erudito che, assieme alla figura, guarda "oltre", indagando il passato, il presente e il futuro. Pensiamo, riflettiamo abbastanza su ciò che accade intorno e dentro di noi? Ci chiediamo come migliorare noi stessi e, di conseguenza, il nostro mondo?
Le tue donne sono a volte oggetto di mutazione genetica, che si riconosce negli arti svuotati e nella testa leggermente sovradimensionata. Si può leggere questa lieve deformazione in rapporto alla società contemporanea? Chi siamo, cosa pensiamo, dove siamo diretti, sono le domande che mi pongo. Una volta l'uomo aveva bisogno dei muscoli per andare a caccia, ora, con l'avvento della tecnologia, la cosa più pesante che solleviamo è un cucchiaio o il mouse del computer. Questa è la realtà e non so se sia meglio o peggio, ma è così e basta. Le mie figure, scarnificate e con la testa ingrandita, non sono altro che uno specchio in cui vorrei che ognuno potesse vedersi riflesso.
Nel 2011 si celebra l'Anno della Lingua e Cultura russa in Italia e della Lingua e Cultura italiana in Russia. Come si intrecciano, nelle tue opere, le due culture? Sono nata nei pressi di Mosca, ma da quindici anni vivo in Italia. Nelle mie opere ci sono le atmosfere sorprese di Bulgakov, così come gli spazi claustrofobici e la malinconia di Tarkovskij, ma anche la ricerca, tutta italiana, dell'eleganza e della composizione formale. Non saprei dire dove inizi una cultura e dove finisca l'altra...
Parteciperai attivamente alla manifestazione? Il Ministero della Cultura della Regione di Kaluga mi ha invitato a Mosca per inaugurare, con le mie opere, le celebrazioni. Fino al 21 ottobre una ventina di dipinti saranno esposti in una zona centrale, vicino all'Ambasciata italiana. Sono anche molto orgogliosa che le mie due città - Kaluga e Parma - siano legate da un gemellaggio culturale, che ha portato a Parma diversi eventi e concerti, mentre due giovani artisti parmigiani presenteranno la loro prima esposizione in Russia.
Chiara Serri, Ludmila Kazinkina. Specchiarsi nel mondo, "Espoarte" n. 73, ottobre-novembre 2011, pp. 70-73. |
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